Proemio Universale



Dammi la forza santa Logorrea,
patrona della foga espiratoria
dei venditori di folletti e case,
déi, enciclopedie, verdure e frutta,
quadri rubati, purificazioni
dell'anima attraverso l'esotismo;
dei redattori di elenchi infiniti,
dei traduttori di ogni redazione,
dei cattedratici culi di piombo,
dei reppettari in blues e a trallallera;
degli sloga-mascelle-lancia-slogan
che tifano rivolta a perdifiato;
dei predatori sopra pulpiti, preganti
con sguardo estatico volto a un soffitto;
della respirazione circolare
e del sintetizzatore vocale;
dell'incessante verso altoparlante
che i monaci arrotini in apixedda
trascinano per monti, mari e valli,
fino all'estremo limite del mondo;
della consorteria dei tagliapeli
durante la rituale anestesia;
del gran generatore di ucronie
chiamato “quotidiano del mattino”;
dell'Assemblea Orizzontale Elitaria
e dell'Imperscrutabile Ipercritico
Immarcescibile Intelletto Inerme;
del lupo che ulula e ulula alla luna
e de sa stria che stride alla finestra;
del loop che s'appallottola sui nastri
tra strali di strumenti disastrati
che latrano conati sferraglianti
per continuare a ossessionare ancora
con l'unica parola ripetuta
da voci cavernose, all'infinito;
del codice penoso che rovescia
con cascionate di subordinate
concatenate in strisce d'ordine casuale,
tra frasi il cui soggetto annega e si dissolve
in rivoli di ambiguità e di doppi sensi
fondati sul teorema logico del questurino
che spiega come A sia uguale a B, se si suppone
che B sia uguale a C, la quale è uguale a D per forza,
visto che l'alfabeto di cui fanno parte è proprio quello
di cui fa parte Z e, non bastasse, pure K ed H e ð...

della pausa per riprendere fiato,
bere un bicchiere d'acqua e pettinarsi;
dell'impappinamento grrmfinmlane
e del provvidenziale tossicchiare
che rende facile ricominciare,
come se nulla fosse, a blaterare;
delle registrazioni all'incontrario;
delle interpretazioni discordanti
sulle registrazioni all'incontrario;
dei grandi bevitori residenti
su tavoli ingolfati di bottiglie;
dei piccoli e rachitici occhialuti
lanciati in improbabili arrembaggi
appesi a un battito di lunghe ciglia
su sguardo poco intelligente, perso
nel proprio senso d'inadeguatezza
pronto a mutarsi in pia sottomissione
da trascinare sotto le lenzuola...


Oh santa santa santa Logorrea,
dammi la forza di sfiatare a lungo,
sfornando forme di frasi ad effetto
ed affettando un fitto fregolare
di rime, metri, ritmi, irregolare,
che doni forma al vuoto e l'abbandono
trasformi in cura di creatore occhiuto,
separatore d'acqua e cielo e terra,
generatore di luce coerente
con il suo sferragliare e sputacchiare
rombante fino a quando c'è benzina
per arrivare al picco del petrolio
e mettere una qualche bandierina
che raffiguri l'autoincensamento
dell'ego lego(tm) logo logorato,
lemure amante del mugghiante maèlstrom,
lemming lanciato verso la leggenda
della sua insana smania di suicidio
giù dal burrone, nel futuro incerto
che fin qui pare vada ancora bene
perchè della caduta non importa,
ma ciò che importa è la distribuzione,
a muover nei container ciò che serve
con ferrea logica di economie
di scala e abbattimento di ogni costo,
così da mantenere gli scaffali
di market e di centri commerciali
pieni di marche, baronie, reami,
coi loro stemmi araldici brillanti
e i vincoli di vassallagio impressi
sul fondo scuro della confezioni,
affianco alle ricette stregonesche
per rendere più bianchi i nostri capi
e immarcescibile la maionese.

Dammi la forza di esser torrenziale
come per un diluvio universale
e riversare un flusso alluvionale
di versi e sillabe tagliati male
che mandi in overdose e sia letale,
che lasci stesi ed in posa fetale,
tentati da un'uscita laterale,
lo sguardo verso il proprio davanzale,
verso una strada extra-dimensionale
lontana da ogni flusso temporale
che sia coerente o un minimo normale.

***

Non è mai facile creare un mondo:
la manodopera, troppo orgogliosa,
disdegna di seguire alcun progetto
e spesso e volentieri si ribella;
più di un capocantiere adesso scalda
di fiamme eterne qualche pozzo buio,
penando, mentre medita vendetta
e un volo disperato in mezzo al vuoto
per ritornare in mezzo all'esistenza
che in tempi antichi contribuì a creare
così da seminar disordine e discordia,
raccogliere una truppa di fedeli
ed assaltare il gran trono celeste
dove di solito i grandi architetti
amano disegnare nuove leggi
di spazio, tempo, risiko, e sistrumpa,
da dare in dono a trepidi scienziati
che arrancano dietro alla verità,
per inalare un cosmico respiro
e dilatarsi ad infinita stazza
spingendo il naso sempre più lontano,
dove la concorrenza dei creatori
disegna immensità sempre più vaste,
più sfolgoranti, varie, inaspettate,
in un lavoro che non ha mai fine
-eppure un dio burlone pare disse
di aver finito tutto in pochi giorni
e dopo essere andato al bar a bere

Noi che non siam scienziati e non abbiamo
bisogno d'inquadrare in un sistema
di leggi inossidabili e coerenti
l'eterna inconsistenza del reale,
possiamo volgere lo sguardo altrove:
oltre le guerre eterne dei creatori,
all'autogenerarsi di universi
in dimensioni e fogge disparate,
dove casualità ed onnipotenze
confondono in un magma ribollente
di abbozzi, aborti, parti, partizioni,
partenze vorticose, particelle
che si raggrumano, danzando al suono
di brodi primordiali miscelati
in mucchi evanescenti e vaporosi,
dove s'accalcano le leggi fisiche
e la coerenza nel disegno sfugge,
viscida e straripante, da ogni lato;
oltre la grande sfumatura incerta
e il ristorante al termine dell'universo,
oltre le estensioni sterminate di Fantàsia
e il grande labirinto senza uscita,
oltre le strade impervie sul fondo degli armadi
e quel bivio mai visto sulla strada di casa;
oltre le immensità del foglio bianco,
nella caduta che mai può finire,
tra indici anagrafici del tutto
ed enciclopedie del quasi vero,
in vecchie Biblioteche di Babele;
oltre galassie lontane lontane
dove gli imperi colpirono ancora
per poi cadere e farsi conquistare
da orde di animali antropomorfi;
oltre le immense immensità del vuoto
che ancora attendono, in un'esplosione
o in un'eterna volontà a riposo,
l'inizio d'ogni tempo e d'ogni spazio,
d'ogni principio in un verbo o in un nome,
o in una canzone della creazione,
o in una benevola espirazione,
o in una malevola secessione,
o in un neutrale e vago punto zero;
oltre le inesistenze conclamate
di tempo, spazio, vuoto, capo e coda,
nel non che non appare e non esiste,
che mai nessuno vide e mai nessuno
osò chiamare col suo vero nome:
_____________________________;
oltre l'oltre che oltrepassa gli altri oltre,
insomma: là dove vogliamo andare.

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